Il Tour de France (anche detto Grand Boucle, il Grande Ricciolo, come appariva sulla planimetria agli esordi) è una delle manifestazioni sportive più importanti al mondo. Senz’altro, è l’evento ciclistico per eccellenza.
Dal 1903, anno della prima edizione, voluta dal giornalista Henri Desgrange, primo patròn della corsa nonchè fondatore della testata Auto-Vélo (su carta gialla, come la maglia che indossa il leader), oltre 10 mila corridori hanno faticato per circa 400 mila km attraverso le strade più impegnative del territorio transalpino, domando vette mitiche (Galibier, Izoard, Madeleine, Tourmalet, Aubisque, Alpe d’Huez), incappando da un giorno all’altro in caldi torridi o rovesci torrenziali, fino al suggestivo epilogo sui maestosi Champs-Élysées di Parigi, dove il vincitore è incoronato con l’Arc de Triomphe sullo sfondo.
L’albo d’oro del TdF, dai pionieri fino all’attualità, è un elenco di stelle di prima grandezza: Lucien Petit-Breton, Philippe Thys, Firmin Lambot, Ottavio Bottecchia, Gino Bartali, Fausto Coppi, Louison Bobet, Jacques Anquetil, Eddy Merckx, Bernard Hinault, Laurent Fignon, Miguel Indurain, Marco Pantani, Alberto Contador, Vincenzo Nibali, Chris Froome (fresco vincitore dell’edizione 2015).
Una rassegna vertiginosa di campioni, ma soprattutto di uomini, epoche, stili, leggende, trionfi, imprese, cadute, tragedie. È l’onta del doping a scompaginare le classifiche più recenti, relegando fra i “bari” nomi eccellenti come Armstrong, Riis e Ullrich, precipitati negli anni dall’altare alla polvere.
Il Tour ha avuto riflessi diretti anche sulla storia del nostro paese: grazie al capolavoro di Bartali del 1948, infatti, l’Italia vide placarsi le forti tensioni seguite all’attentato a Togliatti. L’impresa di “Ginettaccio” salvò il Belpaese dalla guerra civile, per buona pace del primo ministro Alcide De Gasperi, che aveva raggiunto telefonicamente il campione in Francia spronandolo a vincere per il bene della nazione.
Ma il Tour ci ha anche tolto una giovane promessa: Fabio Casartelli, campione olimpico 1992 a Barcellona, morto tragicamente nell’impatto contro un paracarro durante la discesa del Portet d’Aspet, il 18 Luglio 1995. Eppure, appena 6 giorni prima, Marco Pantani ci aveva fatto impazzire di gioia, arrampicandosi da solo in cima all’Alpe d’Huez, la “sua” salita: lì si sarebbe ripetuto nel 1997, poi l’apoteosi del 1998 con arrivo in “giallo” a Parigi.
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